Il desiderio femminile

IL DESIDERIO SESSUALE FEMMINILE E I SUOI DISTURBI: UNA VISIONE PSICOANALITICA
Tesi finale MASTER IN PSICOSESSUOLOGIA anno accademico 2012/2013   dr. Francesco David

Libido e Sessualità
Definizione di libido
Il termine latino libido, "desiderio", è usato in psicoanalisi con accezioni diverse: in Freud, indica una forma di energia vitale che rappresenta l'aspetto psichico della pulsione sessuale, suscettibile di venire investita, ossia diretta, verso sé stessi o un oggetto esterno; in Jung, assume un significato più ampio, presentandosi come energia psichica in generale, come impulso non inibito da istanze morali o d'altro genere, che comprende sia la sessualità sia altri bisogni, appetiti e affetti.
Il concetto di libido come forza vitale, spinta desiderante, benché molto antico, acquista solamente nel modello freudiano una compiuta elaborazione. Esso indica un'energia psicofisica, quantificabile ma non misurabile, composta di impulsi amorosi e ostili, che ciascuno ha in dotazione dalla nascita e che poi amministra in modi diversi. Sulla modalità di investire il proprio patrimonio energetico concorrono sia elementi congeniti (temperamento), sia determinazioni ambientali e vicende biografiche.
La libido non ha sesso ma, in quanto attiva, viene da Freud considerata maschile: La realizzazione della meta biologica è infatti affidata all'aggressività dell'uomo e resa entro certi limiti indipendente dal consenso della donna.
Teoricamente, la nozione di libido serve a mantenere un substrato unitario nonostante le continue dicotomie e frammentazioni mediante le quali Freud delinea lo sviluppo e il funzionamento dell'apparato psichico. In essa convergono concezioni biologiche e psicologiche, si intrecciano dimensioni filogenetiche e ontogenetiche. L'elaborazione procede attraverso diverse e talora inconciliabili ipotesi, ma ciò che Freud considera irrinunciabile è il carattere sessuale della libido. La sua intransigenza gli valse la rottura con J. Breuer, con il quale aveva scritto Studi sull'isteria (1892-95), e due gravi scismi all'interno del movimento psicoanalitico, con A. Adler e C.G. Jung (Vegetti Finzi 1986). Questi ultimi sostenevano l'esistenza di un'unica energia generale, dalla quale si distacca poi un'energia sessuale. Anche Freud giungerà ad ammettere una desessualizzazione della libido ma solo, e mai completamente, come risultato di complessi processi psichici. Innanzitutto, nessuna società umana può consentire agli individui di esprimere spontaneamente, in modo libero e incondizionato, i propri impulsi libidici, né è sufficiente un apparato di contenzione esterna. Occorre che, all'interno di ciascuno, una parte della libido sia utilizzata in funzione antipulsionale, per contenere ed elaborare quelle energie sessuali e aggressive che, se lasciate a sé stesse, potrebbero distruggere la convivenza comune. Ne consegue un inevitabile conflitto psichico, uno stato di infelicità nevrotica che Freud considera inseparabile dalla condizione umana. Ma, oltre alla sicurezza collettiva, il processo di civilizzazione richiede una sempre più complessa elaborazione culturale. Parte della libido sessuale deve essere pertanto distolta dalla sua meta specifica, l'accoppiamento, per rivolgersi al conseguimento di scopi socialmente utili e culturalmente valorizzati. A tal fine la libido muta di oggetto e di scopo e diviene capace di tollerare, rispetto all'urgenza del desiderio, la dilazione della soddisfazione.
Nella creazione artistica, nelle attività intellettuali, nei progetti che trascendono l'individuo, la libido si allontana dalle fonti corporee, si neutralizza, pur conservando le sue radici pulsionali. Tale processo, cui Freud dà il nome di sublimazione, richiede che parte delle energie sia sottratta agli oggetti sessuali, riversata su di sé (narcisismo secondario) e poi riproiettata su oggetti ideali.
A. Freud considera la sublimazione una difesa dall'ansia, mentre per la psicologia dell'Io, rappresentata da H. Hartmann, E. Kris e R.M. Loewenstein (Vegetti Finzi 1986), l'evoluzione psichica giunge a desessualizzare parte della libido e a usarla in un'area psichica completamente libera da conflitti. Nell'ambito della psicologia individuale, Freud distingue tra pulsioni dell'Io, volte alla sopravvivenza dell'individuo, e pulsioni sessuali, rivolte all'oggetto e finalizzate alla continuazione della specie. Le prime si manifestano sotto forma di interesse e solo le seconde si esplicitano sotto forma di libido. Successivamente, però, Freud giunge a riconoscere che esistono pulsioni sessuali riflessive, che si rivolgono all'Io stesso o meglio al proprio corpo. In Introduzione al narcisismo scrive: "Il termine narcisismo [...] designa il comportamento di una persona che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui è solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale". In quest'opera egli utilizza il concetto di libido per differenziare il diverso modo di operare il distacco dalla realtà nel nevrotico e nello psicotico. Nel nevrotico la libido distolta dagli oggetti reali è rivolta a oggetti fantastici, ma rimane oggettuale (a un tale processo si adatta bene l'espressione di Jung, 'introversione della libido'), invece nello psicotico, in special modo nello schizofrenico, la libido si ritira sull'Io stesso, ripristinando la condizione della prima infanzia e sviluppando l'onnipotenza del pensiero.
Le principali condizioni che provocano il ritiro della libido dagli oggetti sono il sonno, la malattia, la vecchiaia. Nell'ipocondria l'eccessivo investimento di libido su un singolo organo provoca un intenso eccitamento percepito come dolore (bisogna ricordare che secondo un postulato dell'energetica freudiana l'accumulo di energia suscita sensazioni dolorose, mentre il rilassamento induce benessere). Adottando una visione biologica, Freud estende poi il concetto di libido a tutti gli organismi e, in particolare, al funzionamento della singola cellula vivente. Giunge così a teorizzare un'altra più fondamentale dicotomia, quella tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra Eros e Thanatos, come origine dell'esistenza di ogni organismo. Nel momento stesso in cui sorge, ogni organismo sarebbe spinto a ripristinare lo stato inorganico precedente. Ma a tale silenziosa regressione si oppongono le pulsioni di conservazione. Mentre Eros tende a unire, a creare sempre nuove unità, Thanatos divide, e tutta la vita si svolge come connessione di queste due forze cosmiche.

Libido, pulsione e sviluppo psicosessuale
Per comprendere la funzione della libido nell'apparato psichico, dobbiamo collegarla con quella della pulsione. La pulsione è una spinta (Trieb) che fa tendere l'organismo a una meta. Secondo Freud, una pulsione ha la sua fonte in un eccitamento somatico, la sua meta nel sopprimere tale tensione, il suo oggetto nel mezzo che permette il raggiungimento del fine. La carica energetica che alimenta l'intero processo è la libido. La pulsione tende spontaneamente al piacere e solo l'impossibilità di raggiungere l'appagamento qui e ora ('principio di piacere') la sottomette alle mediazioni del 'principio di realtà'.
Poiché l'Es è il serbatoio delle pulsioni, si deve ritenere che tutta la libido vi sia originariamente contenuta e che soltanto progressivamente investa le nuove funzioni dell'apparato psichico. Intorno agli spostamenti della libido nelle varie zone del corpo Freud organizza, nei Tre saggi sulla teoria sessuale, lo sviluppo infantile. Le diverse fasi si caratterizzano in base al primato di una zona erogena e di un modo particolare di relazionarsi all'oggetto. Inizialmente, nella fase orale, la libido si concentra intorno alla bocca del neonato e la pulsione sessuale si soddisfa appoggiandosi alla funzione vitale dell'alimentazione. Progressivamente però se ne separa e il piacere viene perseguito per sé stesso, quando, per es., il bambino si succhia il dito. È questa la prima esperienza di soddisfazione e conserva pertanto per tutta la vita un valore emblematico. La ritroviamo infatti nel piacere di mangiare, di baciare, di fumare, mentre alcune metafore, come "ti mangerei di baci", rinviano appunto al persistere di fantasie orali anche da adulti. In questa fase, l'oggetto tramite il quale il neonato raggiunge la soddisfazione è il seno materno o il suo sostituto (biberon). Si tratta di un oggetto parziale che il bambino vive come staccato dal corpo della madre. Il modo con il quale la libido investe l'oggetto è prevalentemente incorporativo: il piccolo cerca di mettere dentro di sé non soltanto il latte ma anche la fonte che lo produce. Inizia così il fondamentale processo di introiezione, secondo il quale si cerca di controllare e possedere, 'ingoiandolo', tutto ciò che è buono. K. Abraham ha individuato, dopo la modalità incorporativa dell'oggetto, anche una modalità aggressiva di tipo sadico. Essa sorge al momento della dentizione, quando il lattante, mordendo il seno materno, tenta di distruggerlo. Poiché teme che le sue pulsioni aggressive provochino la ritorsione della madre, sperimenta nello stesso tempo la prima paura, quella di essere mangiato: paura che le fiabe rappresentano con straordinaria efficacia. Questa fase dello sviluppo infantile è stata analizzata con particolare profondità da M. Klein che, parlando di posizioni anziché di fasi, ne sottolinea il carattere strutturale a scapito di quello evolutivo. In ogni caso, nel corso dell'allattamento, viene sperimentata la modalità fondamentale con la quale ci rivolgiamo agli oggetti: introiettare ciò che è buono, farne una parte di sé (identificazione), espellere ciò che è cattivo, attribuirlo al mondo esterno (proiezione). Ciò vale anche per gli stati d'animo, ossia per le tensioni e le emozioni inelaborate che vengono poste fuori di sé sotto forma di sintomi.
Per W. Bion, i sintomi sono libido grezza, priva di rappresentazione mentale corrispondente. Il neonato la esprime in modo inarticolato, piangendo e divincolandosi. Sarà poi la madre ad assumere dentro di sé questi pezzi di energia informe, a metabolizzarli durante uno stato intermedio tra la veglia e il sonno e a restituirli al figlio sotto forma di esperienze vivibili e comunicabili. Il modello di Bion è particolarmente importante perché mostra quanto sia fondamentale, nello sviluppo umano, la dimensione relazionale, la condivisione delle energie libidiche.
La maturazione organica stessa provoca i successivi spostamenti della libido infantile, che avvengono in corrispondenza di momenti di fondamentale relazione con l'altro. Dalla zona orale, dove convergono lo sforzo vitale del lattante e l'attenzione della nutrice, la libido si concentra successivamente (benché non completamente) sulla zona anale, sollecitata dall'attenzione degli adulti impegnati nell'educazione sfinterica del bambino. Con premi e minacce si richiedono a quest'ultimo due comportamenti contraddittori: trattenere ed espellere le feci. In tal modo, il piccolo si trova confrontato per la prima volta con un oggetto ambivalente, buono quando deve tenerlo dentro di sé, cattivo quando deve spingerlo fuori e nasconderlo alla vista stessa. Ed è proprio nel momento dell'espulsione che, tramite la sollecitazione delle mucose anali, la libido si trasforma in piacere. Un piacere che viene negato insieme al suo intollerabile oggetto. Poiché l'educazione al controllo sfinterico avviene verso i 2 anni, quando lo sviluppo muscolare svolge una funzione centrale nella percezione di sé, le sue modalità influenzano fortemente la costituzione della personalità. Un'educazione al controllo sfinterico prematura, rigida e punitiva favorisce il sorgere di una personalità sadica, che cerca di realizzare un controllo ossessivo sulla realtà.
Verso i 3 anni la libido si concentra sulla zona fallica. Per la bambina si tratta dell'equivalente del fallo, il clitoride. In questa fase le pulsioni precedenti si collocano in posizione secondaria e permarranno anche durante l'età adulta, quando saranno utilizzate durante i preliminari del rapporto sessuale. Mentre precedentemente la libido sessuale raggiungeva la soddisfazione tramite oggetti parziali (il seno e le feci), la libido fallica si rivolge a un oggetto totale: il genitore di sesso opposto. La fase fallica, che va dai 3 ai 6 anni, corrisponde al periodo edipico, quando il bambino ama di un amore passionale la madre e la bambina il padre. Si tratta di una prima fase della sessualità che si svolge prevalentemente nell'immaginario ed è destinata a scomparire sotto il sipario della rimozione, per cui nulla di quelle intense esperienze sarà poi ricordato nell'età adulta. Il bambino, tuttavia, ha vissuto nella realtà psichica ciò che Sofocle attribuisce a Edipo: amore per la madre e odio per il padre rivale. Passioni impossibili, non solo per l'inadeguatezza del suo corpo, ma anche per il divieto dell'incesto che proibisce alla libido umana di concentrarsi sui suoi primi oggetti d'attaccamento, i genitori appunto. In tal modo s'impone il massimo di lontananza là dove esiste il massimo di vicinanza. Uno scopo è stato però raggiunto, quello di connettere indissolubilmente il desiderio con l'interdetto, di sperimentare il limite che la civiltà umana oppone all'incondizionata soddisfazione della libido. Questa prima, fondamentale rinuncia viene attuata dagli educatori tramite la minaccia dell'evirazione, tanto più spaventosa in quanto, durante la fase fallica, il bambino ha concentrato la sua libido sui genitali. In questo periodo la zona libidica è già quella adulta ma la differenza consiste, secondo Freud, nel fatto che i bambini e le bambine, finché sono sessualmente immaturi, non conoscono che un solo sesso, quello maschile. Per entrambi l'identità sessuale è organizzata intorno al fallo, per cui si tratta di averlo, per i maschietti, di ritenersi castrate, per le bambine. La concentrazione della libido sul fallo induce quella paura di castrazione in cui Freud riconosce il prototipo di ogni ulteriore forma di angoscia. Poiché non si può essere privati di ciò che non si ha, l'equivalente consiste per le donne nel timore di perdere l'amore.
Verso i 7 anni d'età la vicenda edipica scompare, coperta da una profonda amnesia, con la stessa naturale puntualità con cui a un certo punto, dice Freud, cadono i denti di latte. La libido, distolta dai genitori, viene rimessa dentro di sé (narcisismo secondario). Si tratta però di una libido che ha assunto la forma dei suoi oggetti per cui l'Io, multiplo, diviene un precipitato dei suoi investimenti oggettuali. La fase successiva (dai 7 ai 10 anni) è detta di 'latenza' perché la libido appare come sopita e le pulsioni erotiche sospese. Non a caso, questo periodo viene utilizzato, in ogni società, per i fondamentali processi di acculturazione delle nuove generazioni.
Infine l'ultima fase, ovvero quella della genitalità, corrisponde al riconoscimento della differenza e della specificità sessuale. La libido, definitivamente concentrata sulla zona genitale ‒ e cioè il fallo per i maschi, la vagina per le femmine ‒ si indirizza a un partner eterosessuale esterno alla cerchia familiare (esogamia). Tuttavia le fissazioni precedenti, nelle zone orale, anale e fallica, non scompaiono completamente. Esse predominano nelle perversioni e rimangono, sebbene in posizione secondaria, anche nei rapporti cosiddetti normali.
Oltre alle zone erotiche fondamentali, la libido può distendersi sull'intera superficie corporea (come accade per la sessualità femminile), oppure concentrarsi in qualsiasi altra parte. Investita sugli occhi, sullo sguardo, anima le spinte scopiche che possono soddisfarsi nell'immediatezza del voyeurismo perverso, oppure sublimarsi nelle conoscenze più elevate. Benché nei nevrotici la fissazione in determinate fasi sia particolarmente vischiosa, nei momenti di difficoltà la libido può sempre retrocedere nelle zone dove aveva lasciato, per eccesso di frustrazioni o di gratificazioni, parte delle sue energie. Essa si comporta infatti come le popolazioni nomadi del deserto che, per sfuggire al pericolo, ritornano sui propri passi accampandosi là dove possono ritrovare postazioni precedenti. Come si è visto per la fase anale, ogni carattere è contraddistinto da una particolare dislocazione della libido. La quantità, la qualità e la modalità con cui vengono utilizzate le energie in dotazione costituiscono lo stile proprio di ogni personalità.
Nell'organismo equilibrato la libido è fluida ma non anarchica, ben ripartita tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra amore di sé e amore dell'altro. Organizzata sotto il primato della genitalità, è tuttavia capace di regredire a zone somatiche e forme precedenti di organizzazione, nonché di animare una molteplicità di meccanismi difensivi, dal più elementare, la rimozione, al più complesso, la sublimazione. L'importante è che non reagisca coattivamente, adottando nelle diverse situazioni un'unica, ripetitiva, modalità di adattamento. La persona matura è quella in grado di utilizzare tutte le sue risorse, spostando le cariche libidiche a seconda delle prestazioni richieste. È capace di amare, lavorare, giocare, fantasticare e creare: attività che più di altre rappresentano il compimento della vita umana.

Il desiderio femminile: origine e sviluppo
Il desiderio sessuale femminile era parso a Freud il più impenetrabile dei misteri tanto che dopo essersi chiesto angosciosamente che cosa vuole la donna aveva rinviato l'insuperabile quesito ai poeti.
Per lui la femminilità sarebbe comunque rimasta il "continente nero" della psicoanalisi. Uno spazio che le psiconaliste, in quanto donne, avrebbero dopo di lui esplorato con particolare sensibilità.
Secondo S.Vegetti Finzi, la sessualità si svolge sempre anche quando può sembrare solipsistica in una dimensione interattiva. Essa rimane infatti una potenzialità finché la libido inconscia non le dà forma attraverso un complesso scambio comunicativo.
La bambina nasce con un corpo cavo animato da fantasie incorporative centripete che si umanizzano nell'esperienza del conflitto edipico (amore per il genitore di sesso opposto e rivalità per il genitore dello stesso sesso).
Un conflitto impossibile perché da sempre interdetto dal divieto dell'incesto, la regola fondamentale della civiltà, la legge che sta alla base di ogni legislazione.
E' attraverso l'identificazione con la madre, l'amore per il padre e l'accettazione della legge che la fa sentire prematuramente vedova e sterile delle sue fantasie amorose, che la bambina acquista il suo posto nella famiglia e nella società.
Una vicenda universale di cui Freud ha scorto tutto il valore strutturante ma che ha descritto prevalentemente in termini maschili. Nel suo modello teorico, lo sviluppo libidico femminile sarebbe semplicemente l'inverso di quello maschile. Freud stesso si era sentito però insoddisfatto di questa specularità e aveva lasciato aperta la questione del divenire donna.

La nascita
L'angoscia di morte dell'essere umano è associata da F. Dolto (1996) al primo rischio, quello corso al momento della nascita, momento che segna il passaggio da una vita simbiotica dentro il corpo della madre, alla vita fuori del corpo della madre in una relazione diadica di estrema dipendenza da lei.
La neonata può correre quindi il rischio di essere travolta dal gioco delle passioni arcaiche, residue o regressivo sessuali, degli adulti e dei familiari. È soprattutto la madre che, più di chiunque altro, se non è appagata della propria maternità, amata dal compagno e felice di ritrovare nel figlio i tratti della sua unione con lui, può indebolire il potere libidico di sviluppo della figlia che ha bisogno di essere riconosciuta bella, buona e fonte di gioia.

Prima infanzia
In questa fase tutte le esperienze di soddisfazione del neonato sono soddisfazioni uditive, olfattive, visive e poi orali correlate alla presenza della madre. La madre è il primo oggetto fallico e rivitalizzante d'amore e di piacere, non soltanto per la bocca ma per il corpo intero e tutti i suoi ritmi biologici. Detto questo, se la madre è sentita come devitalizzante dal neonato, allora la sua presenza provoca comportamenti e reazioni peristaltiche rovesciate o perturbate: anoressia, problemi digestivi e vegetativi, tossicosi. I piaceri
orali del succhiare, del mordere, la produzione di vocalizzi sono accompagnati da sensazioni erotiche di prensione. Queste ultime sono di tipo attivo o passivo, orali o generalizzate, da cui non vanno escluse le sensazioni utero vulvari e mammarie. Il ruolo della madre è assolutamente dominante nello sviluppo della figlia, questo ruolo non può essere assolto per intero che da una madre la cui persona fisica e simbolica sia valorizzata dal padre. Nel caso contrario, la figlia sarà intrappolata in una situazione fisica e affettiva di tipo duale, che le impedirà di identificarsi con la madre introiettandone il sesso.
Allo stadio orale e anale passivo, l'intera superficie cutanea del corpo è erogena e sensibile a sensazioni dolci e carezzevole. Le carezze accompagnate da percezioni sensoriali fisicamente localizzate negli apparati ricettori a distanza (gli occhi, gli orecchi, le narici), presentificano al bambino un benessere associato al soddisfacimento euforizzante dei suoi bisogni. Le sensazioni brusche e disarmoniche, al contrario, ne danneggiano il benessere e risvegliano senza dubbio ricordi di sensazioni troppo violente, nella solitudine del post-partum. Il neonato cerca allora un luogo rassicurante accanto alla madre, fonte e mezzo di bene, il suo seno, il nido delle sue braccia che nel bambino sano sono sempre associati alla pace ritrovata.
Una volta che si è preso cura del suo corpo e che la poppata è in via di digestione, il lattante femmina distoglie molto precocemente lo sguardo dalla madre se è in vicinanza del padre o di un altro uomo e orienta l'attenzione verso quest'ultimo. È attratta, sembra, da stimoli di ordine olfattivo o uditivo. Tale attrazione precede l'accesso alla visione e può essere osservata anche in bambine cieche o sorde (Dolto 1994). L'attrazione della bambina per l'altro sesso, nella situazione in cui temporaneamente non ha più bisogno di cure e di cibo, può farci pensare che la femminilità sia diffusa in tutto il corpo, che reagisce alla mascolinità complementare proveniente dal corpo degli uomini.
Più tardi a partire da quando potrà tendere le braccia, verso il quarto/quinto mese, assisteremo allo stesso spettacolo: se il padre, considerato un attributo della madre, si presenta quando la piccola ha bisogno di cibo o di assistenza o di regressione, allora è ignorato, perché in quel momento è la madre a costituire l'oggetto elettivo del desiderio della bambina. Ma una volta prestata la necessaria assistenza e soddisfatti fame e bisogno di espulsione, se un uomo si presenta nel campo di attenzione della bimba, quest'ultima si distacca dalla madre per tendere le braccia, anche se non lo conosce. Se invece una donna diversa dalla madre si offre a un simile invito, la bimba la guarda distrattamente e se ne distoglie, per tendere le braccia alla madre, che conosce.
Nella bambina, in questa fase, albergano pulsioni libidiche preoggettuali in via di organizzazione e soprattutto pulsioni narcisistiche primarie che appaiono eroticamente centrate sulle zone di protrusione, sulle aperture e sulle mucose e che si manifestano sia nel turgore fallico delle mammelle e del clitoride sia nel turgore orbicolare della bocca e della vulva.
Il gioco "Cucù... Eccolo qui!" che consiste nel far sparire e riapparire a volontà un oggetto, segna l'accesso al controllo allegorico della relazione oggettuale risultante dalla fase orale e anale.
L'esperienza dell'assenza della madre provoca una tensione che può essere calmata da sensazioni localizzate alle zone erogene e associate per via immaginaria alla sua presenza: dondolamento, suono di una voce, suzione della tettarella o di un oggetto protrusivo, la mano o il dito.
La fase anale, per l'interesse che essa risveglia verso l'area escrementizia, porta il bambino a valorizzare i movimenti peristaltici e le emissioni fecali e urinarie. La fase anale è quella in cui predominano sensazioni di emissione-sottrazione voluttuosamente liberatorie, soprattutto per la sperimentazione ludica dell'espulsione. La fase attiva sadicamente orale (dentale) e anale, caratterizzata dalla motilità a quattro zampe che segue la fase di propulsione dal seggiolone, dei movimenti ondulatori, lascia tracce in numerosi comportamenti adulti tipici dei giochi erogeni associati al coito.
All'epoca dell'investimento libidico dei processi digestivi, orali e anali, il bambino scopre la dialettica interrelazionale del valore dell'oggetto orale, bello e buono, e dell'oggetto anale, ben fatto ma non bello, né buono da mangiare o desiderabile per gli altri.
In caso di fame e di sete o di assenza prolungata della madre nutrice, il bambino sperimenta una perdita dolorosa che, per la psiche infantile, è sovrapponibile a una "non madre presente". Egli vive un abbandono mutilante associato a quando la madre se ne va, immagina una madre divoratrice associata a quando qualcosa è stato consumato ed è sparito. Quali che siano le situazioni di stress somatico a questa età, esse sono per il bambino la prova magica del potere divoratore della madre.
E' dalla dialettica tra oralità e analità, tra passività e attività che nasceranno, associati alle prove psicofisiche, i fantasmi della madre fallica orale divoratrice, castratrice dentale o respingente con disgusto, espulsiva (corrucciata) o stupratrice. Tutti i fantasmi che intaccano, in modi diversi, il narcisismo del bambino.

La seconda infanzia
In seguito allo sviluppo muscolare e neurologico il bambino acquista la capacità di assumere la posizione verticale, di reggersi in piedi e di camminare. Osserva in modo sempre più intenso il funzionamento del corpo proprio e altrui e ciò gli fa percepire la differenza relativa al possesso di un pene: "Ce l'ha se è un bambino, non ce l'ha se è una bambina".
Questa scoperta determina nella bambina un indiscutibile scacco narcisistico, unito al desiderio di possedere un pene come i bambini; il tutto accompagnato da ricerche, da indagini (fatte da sola o con l'aiuto di bambini), motivate dalla sua inquietudine in relazione a questa apparente mancanza. La bambina si tira le labbra e il bottone, il clitoride, eccitando quest'ultimo, ne scopre la voluttuosa erettilità che, per un certo periodo, le fa sperare si tratti di un pene in fieri.
Lo scacco narcisistico della bambina alla scoperta di non avere un pene è sempre evidente. Essa vi reagisce reclamando dalla madre, dal padre un membro come quello che hanno i maschietti. Il comportamento della madre o del padre può in questa fase cambiare completamente il significato narcisistico di questa dolorosa sorpresa, se essa si trasforma in una semplice occasione per spiegare atti sessuali e non in un rifiuto affettivo dell'adulto consultato come esperto.
Secondo Dolto, numerose osservazioni cliniche attestano che, se la bambina, che sa di portare il cognome del padre unito al suo nome, è minimamente rassicurata sul fatto d'esser stata desiderata femmina dal padre (e, in quanto tale senza pene, a immagine della madre) allora accetta molto rapidamente le caratteristiche del suo sesso, la forma della sua vulva (bottone con un buco), come una gratificazione paterna e una promozione materna.
Quel che occorre dire, tuttavia, è che a volte sono i maschi a essere traumatizzati più delle femmine dalla mancanza di pene di queste ultime; di conseguenza, spesso reagiscono come ha descritto Freud, disprezzando il sesso femminile, per paura di una pericolosa identificazione. Avere come compagni di scuola e di gioco bambini simili può rafforzare il senso di scacco delle bambine. Succede anche che il bambino, promosso al ruolo di aiuto esploratore, tenti un'esplorazione manuale alla ricerca dell'organo nascosto. Tali giochi fanno scoprire a entrambi le contagiose sensazioni del piacere, tappa necessaria all'acquisizione successiva delle sublimazioni.
È frequente che i bambini alla scuola materna dichiarino alle bambine che le amano proprio perché sono fatte in quel modo e concedono loro il privilegio di guardarli far pipì, come consolazione. In cambio, le bambine saranno dichiarate amiche del cuore o fidanzate.
Talvolta la bambina declina queste generose offerte, evitando per qualche tempo ogni contatto, sovente anche affettivo, con i bambini troppo fortunati. Essa interiorizza il suo scacco, il suo non avere un pene oggi, e spera in segreto che un futuro miracolo le accordi, crescendo, un pene.
Con questa speranza, la bambina circonda di attenzioni il clitoride e le labbra vulvari e le palpa con cura. Può arrivare in questo modo a dedicarsi alla masturbazione clitoridea e sviluppare perfino una specie di complesso di virilità, descritto da Freud (1970) come un rifiuto di accettare la realtà del proprio sesso, della vagina. In casi simili si ha sempre a che fare con bambine trattate in modo troppo infantile dai genitori, che le obbligano a rimanere oggetti passivi.
Sempre secondo Dolto, una nutrita casistica clinica spinge ad affermare che, quando la madre non rifiuta alle domande della figlia risposte conformi alla verità, l'invidia del pene è, contrariamente all'opinione di Freud, presto superata.
La curiosità e la scoperta di sensazioni autonome, che la bambina si dà da sola, se verbalizzate non devono essere né rimproverate né avidamente stimolate dalla madre.
La bambina non farà mai conoscenza del corpo solamente attraverso carezze esogene, essa deve continuare autonomamente la sua impresa e ogni conquista la renderà, secondo l'etica tipica della sua età, più umana, perché "più come una donna".
È in questo modo che le zone erogene si precisano nel suo corpo in quanto tali, come luoghi di un piacere associato a pensieri di contatto con l'essere prescelto e amato. Questo essere sarà sempre di più il padre, che ben presto sarà nettamente differenziato dalla madre, ma anche altri uomini, nella misura in cui l'acquisizione dell'autonomia fisica le permetterà di prendersi cura di se stessa, del proprio abbigliamento, dei contatti sociali quotidiani.
L'esplorazione del corpo che conduce alla masturbazione, non riguarda unicamente la zona clitorido-vulvare, esiste una masturbazione nasale, orale, anali e ombelicale. Quest'ultima è meno conosciuta fra gli adulti e risveglia sensazioni interne al ventre, collegate al dotto urinario e alla vulva. Infine, la masturbazione più rara e quella del capezzolo, che seda tensioni molto forti, derivanti da esperienze molto dolorose e castranti.
E' nel corso del periodo che segna l'acquisizione dell'autonomia nella gestione del corpo che la bambina costruisce la sua persona. Ed è sempre allora che le madri castranti glielo impediscono, con le loro ansie ipermaterne e iperprotettive.

Il complesso edipico femminile
Nella bambina, secondo Dolto, i fantasmi edipici sono caratterizzati, fra i sei e gli otto-nove anni, dal desiderio di un bambino vero, deposto in lei per penetrazione dal pene paterno che desidera avere e da una rivalità mortale nei confronti della madre. Questi fantasmi sono del tutto spontanei, ed è ancora spontaneamente senza bisogno di comunicazioni verbali o di assistere a rapporti sessuali tra adulti, che la bambina arriva da sola alla conclusione logica della non conformità tra la sua piccola vagina e il pene del padre, volumetricamente sproporzionato. Ne risulta angoscia di stupro per tutti i peni cui si può attribuire del valore.
In età edipica, l'angoscia di stupro da parte del padre è per lo sviluppo della bambina quel che l'angoscia di castrazione è per lo sviluppo del bambino.
Il padre rappresenta quindi, per la scelta strutturante cui la bimba l'ha destinato dall'inizio della propria vita fetale, l'asse che la verticalizza, che ne stimola gli affetti e ne tempera la natura e che ne stabilizza le pulsioni polimorfe, servendo loro da rappresentazione del fallo simbolico desiderato ma difficile da conquistare, tanto più che agli occhi della figlia quest'ultimo è possesso esclusivo della madre castratrice.
Il desiderio di potere in riferimento al padre, il desiderio di attrarre il potere che viene da lui o di esercitare potere su di lui, domina la vita fantasmatica della bambina e ne motiva l'attività pragmatica.
A sei anni, in piena incandescenza affettiva edipica, il fatto di assistere a rapporti sessuali di una coppia qualsiasi o dei genitori o di sentirne le descrizioni fatte da altri bambini, può essere traumatico: tutto dipende dalla situazione affettiva tra madre e figlia. In effetti, nel periodo in cui l'angoscia di stupro funge essa stessa da stimolante di un piacere genitale tenuto in soggezione da legittimi sentimenti di inferiorità personale, il ricorso alla regione di sicurezza rappresentata da una madre amata, che ama e che capisce, non può che essere particolarmente utile. Quando la bambina riferisce quel che ha sentito dire e, per prudenza, mostra ribellione e stupore di fronte alle parole dei suoi compagni che l'avrebbero visto, tutto dipende da come la madre prende le sue parole. Se riconosce la veridicità dei fatti e li completa parlando del desiderio e del piacere come parte della vita sessuale adulta e della fertilità come possibile effetto del coito, allora la sua risposta aprirà la strada a uno sviluppo libidico genitale sano. Meno la bambina trova rispondenza e chiarimenti, più colpevolizza le sue pulsioni genitali. La spiegazione della madre in occasione di questa confidenza fa sì che tale avvenimento contribuisca a una serena accettazione della propria appartenenza al sesso femminile. Se invece di sgridare la bambina, di punirla o di negare il fatto, la madre conferma la realtà della penetrazione del sesso femminile da parte di quello maschile, come alla bambina è capitato di vedere o di cui qualcuno le ha parlato, se aggiunge a questa conferma la spiegazione, che spesso non viene data alle bambine, della necessità di una temporanea erettilità del pene, se le comunica che il fatto è motivato dal piacere, allora permette alla figlia di arrivare a comprendere il ruolo della complementarietà di uomini e donne. La madre deve chiarire bene che, se le persone sono adulte e c'è intesa fisica e spirituale, quel che si prova è un piacere naturale e non disgusto né dolore. In questo modo la nozione già presente nella bambina di rinuncia sessuale all'oggetto adulto non può risultarne che rinforzata. Più i rapporti sessuali sono spiegati conosciuti, più la rinuncia sarà netta, per motivazioni endogene almeno temporanee, fino alla pubertà per lei ancora lontana, quando, come le annuncia la madre, l'aspetto fisico del suo corpo diventerà simile a quello di tutte le donne.
Solo in questo caso la bambina può vivere pienamente la conflittualità esistenziale di una situazione a tre personaggi, il cui sesso è riconosciuto come luogo di desiderio e di cui i due dello stesso sesso sono animati da un desiderio rivale per il terzo. Per avere accesso alla maturità, la bambina deve risolvere da sola questo conflitto. Nelle bambine l'angoscia di stupro viene superata grazie alla rinuncia sessuale cosciente al sesso del padre. Tale rinuncia è possibile solo se il comportamento del padre e degli adulti di sesso maschile valorizzati nelle relazioni interpersonali, non è nei suoi confronti né seduttivo né equivoco; da essa origina la sublimazione delle pulsioni genitali.

La risoluzione dell'Edipo
La risoluzione dell'Edipo secondo quanto ha potuto osservare Dolto, si verifica al più presto verso i nove, dieci anni e spesso soltanto verso la pubertà, dopo che gli affetti edipici si sono risvegliati dal loro letargo. Ad essa segue il periodo, che può essere molto breve, della cosiddetta età ingrata: età critica se l'Edipo imperversa ancora, perché in questo caso gli scompensi dell'equilibrio emotivo assumono uno stile isterico e vanno dall'eccitazione alla depressione per la minima ferita narcisistica.
L'evoluzione della libido nella bambina prevede, con la risoluzione dell'Edipo e il lutto per il suo sogno di maternità incestuosa, l'opzione genitale. Questa evoluzione le permette di avere autentiche sublimazione, invece dei meccanismi di adattamento o di difesa dai desideri orali, anali e fallici nei confronti degli oggetti edipici: madre, padre, fratelli e sorelle maggiori.
Comincia a organizzarsi una struttura caratteriale che utilizza le pulsioni orali, anali e falliche e le mette al servizio delle scelte extra familiari.

La pubertà
La crescita del seno e l'apparire del ciclo mestruale segnano una tappa emotivamente decisiva, il cui esito dipende dall'accoglienza fatta a questi cambiamenti dall'Io ideale e dal Super-io della bambina e cioè da quanto essa li consideri promozioni fisiologiche che la innalzano al sospirato rango di signorina.
In questo periodo la distribuzione pulsionale si intensifica quantitativamente: il corpo è investito in quanto corpo fallico, plastico, segnalante interesse maschile, in modo totalmente indifferenziato. È un momento molto critico per il narcisismo dell'adolescente e molto dipende dalla disponibilità della madre e di danaro, per finanziare calze, reggiseni, scarpe, vestiti e nuove pettinature: attributi da cui la ragazzina si crede trasfigurata perché per mezzo loro, allo specchio, vede la sua immagine trasformarsi in quella di una giovane donna.
È importante, sempre per Dolto, rispettare questo segnale di attrazione, perché il suo scopo soggettivo e quello di richiamare l'attenzione di uomini di età più matura. In realtà non ha che l'effetto di provocare ammirazione nei coetanei e nei ragazzi più giovani. In questa fase l'ammirazione per le "star" dello spettacolo ha un incontestabile ruolo formativo per le ragazzine di età inferiore ai 14 anni. Le "star" sono il sostegno mitico di un ideale dell'Io chiaramente de-edipizzato (privo di risonanze incestuose), dunque rassicurante.

La deflorazione e il primo coito
Dal primo coito e dal comportamento maschile del partner dipende molto della successiva evoluzione sessuale e affettiva della giovane. Le ragazze più femminili, le più adatte a diventare donne nel senso più completo del termine, capaci di orgasmi vaginali e utero-annessiali (vedi oltre), possono essere traumatizzati dal primo coito, soprattutto se, oltre a provare desiderio, sono molto innamorate del partner o se il rapporto con lui è legalizzato dal matrimonio.
Il dono del proprio corpo a un uomo nel coito è, per una donna che si assume piena responsabilità sessuale, un dono molto più importante di quello che l'uomo fa a lei, e questo semplicemente per l'ipervalutazione del sesso fallico dell'uomo. Così, la sensazione di scacco erotico o la scoperta di aver fatto una scelta errata dal punto di vista affettivo sessuale è per la donna una ferita narcisistica all'intera persona, che aggiunge sensi di inferiorità reali a un'esperienza fisica avvertita sempre come una violazione. Una violazione da cui essa si aspettava piacere e che è diventata invece castrante.
Uno scacco di questo genere costituisce effettivamente un grosso trauma per il narcisismo tanto del sesso che della persona della giovane donna. Nella maggior parte dei casi essa decide di difendersi da tutti gli uomini, generalizzando in questo modo la prima esperienza con il partner indelicato o sessualmente immaturo. Si aspettava molto e ha perso tutto: verginità, illusioni e fiducia nella vita. Tutto questo può farla diventare narcisista, rigida per vendetta passiva, oppure causare problemi di vaginismo associati a un io nevrotico, in conflitto tra il desiderio di possedere attivamente il pene e il partner secondo una modalità cannibalesca e una frigidità vulvo-vaginale di ritorsione.
Nel caso di una vergine che abbia raggiunto da tempo la maturità sessuale, il primo coito è sempre, dal punto di vista erotico, uno scacco con un rischio di regressione, per il risvegliarsi di fantasmi sadici endogeni mediante ripiegamento narcisistico. Dal punto di vista narcisistico, il primo coito può essere tanto un enorme successo quanto, in contrario uno scacco catastrofico: e questo dipende solo dall'uomo. Sarà un successo enorme se l'uomo è riconoscente per il dono del corpo che la donna ha inteso fare, se corrobora l'orgoglio della partner per la sua promozione a donna. Sarà uno choch catastrofico invece se l'uomo sembra indifferente dopo l'atto, soprattutto se ha dovuto mostrarsi fisicamente brutale. Nel caso in cui il primo coito sia stato un successo, o almeno un mezzo successo dal punto di vista del piacere e un successo per quanto riguarda il consolidamento dell'affetto della fiducia reciproca tra i partner, è probabile che l'evoluzione sessuale della donna vada nella direzione del raggiungimento di orgasmi sempre più completi, fino al conseguimento dell'orgasmo utero-annessile. Finché non è stata riconosciuta desiderabile e bella nella sua nudità da un vero uomo, la giovane resta dunque narcisisticamente priva di valore estetico genitale. La rimozione della libido genitale, se può esistere spontaneamente in modo endogeno, è molto tardiva nella vita femminile e non può derivare che da uno scacco erotico dovuto all'incapacità sessuale o emotiva del partner. Per la donna, la rimozione genitale è il frutto mortifero della consumazione genitale con un partner dal narcisismo ferito, e il cui sesso o la cui persona non hanno raggiunto un livello genitale di evoluzione sessuale.
Contrariamente a Freud, Dolto ritiene che non ci siano limiti di età per lo sbocciare dell'erotismo genitale femminile. A prova di ciò porta il successo terapeutico ottenuto con una vergine affetta da vaginismo di 52 anni. Una volta eliminate le sue inibizioni sessuali pre-edipiche di natura libidica orale e anale, la scelta genitale non è stata rimossa.

La menopausa, la vecchiaia
Sempre secondo Dolto, le donne rimaste bambine, per cui il conflitto edipico non è mai sopravvenuto o è sempre stato spostato su oggetti transferenziali, così come le donne il cui Edipo non è stato risolto, vedono nella mutazione ormonale che segna l'arresto della fecondabilità fisiologica, la minaccia persecutrice della vecchiaia. Con la sparizione del segno della fecondità, esse soffrono al pensiero di non avere più valore in quanto donne. Questa sofferenza è un'angoscia di castrazione reale, se la donna fino a quel momento ha percepito la propria esistenza come vuota di fertilità simbolica, essendo la sua unica utilità rappresentata dalle maternità e dalla gestione del ménage domestico. I problemi legati alla menopausa, quali l'angoscia esacerbata di castrazione fallica vissuta sotto forma di persecuzione immaginaria da parte delle giovani donne della nuova generazione e la gelosia morbosa nei confronti dei nipoti adolescenti, difficilmente saranno visti da uno psicanalista. Per se stesse, queste donne consulteranno piuttosto medici di tutte le specialità, istituti di bellezza, chiromanti e psichiatri cui ricorreranno a seconda della natura e delle manifestazioni delle loro difficoltà.
Tutti i sintomi appartengono all'ordine di un ritorno al pensiero magico: far tornare indietro il tempo, negando che quel che è stato non è più.
Il desiderio libidico, tuttavia, non subisce alcuna inflessione con la menopausa, anzi, nelle donne clitoridee e clitorido-vulvari (vedi oltre) talvolta si intensifica per le suddette ragioni di tipo regressivo, dovute a un narcisismo fisico e sessuale che conferisce uno stile esacerbato alle relazioni amorose, ora spesso tendenti alla rivendicazione fallica, ai limiti dell'erotomania.
Se al contrario un felice superamento dell'Edipo ha permesso alla donna un destino fecondo dal punto di vista affettivo, fisico e delle sublimazione, la menopausa sopravviene senza clamore e segna l'inizio di un periodo di crescita della persona sociale, un periodo di grande stabilità fisiologica e affettiva e permette l'accesso a una certa "saggezza" fatta di esperienza e di lucida indulgenza.
Seguendo l'ideale dell'Io genitale, la donna si mette allora al servizio degli altri difendendo gli interessi comuni di un gruppo, prendendosi cura dei nipotini, aiutando i giovani e alleggerendoli dagli impegni domestici, materni o educativi.
Il narcisismo della donna anziana, sostenuto in tal modo dall'inserimento sociale, lascia il posto a una libido genitale sana, in risonanza con quella delle altre persone di tutte le età. La sua tolleranza alle ferite narcisistiche e molto maggiore. Queste donne possiedono, malgrado l'età che abitualmente indebolisce i meccanismi mentali, l'intelligenza del cuore nel modo più naturale e più inconsapevole.
Una volta superata la fase del desiderio sessuale, questo tipo di vecchia, la vecchia serena, funziona diversamente dall'immagine offerta dall'uomo anziano. Mentre quest'ultimo simbolizza l'accettazione della solitudine, il potere dello spirito al di là dell'impotenza a combattere del corpo, la donna che incarna questo tipo di saggezza simbolizza l'accettazione del passare delle stagioni, della vita e della morte. Essa incarna la ricettività aperta a tutti, che valorizza in modo "ingenuo" i piccoli eventi manifestanti la gioia degli scambi affettivi e che restituisce, attraverso gesti semplici e importanti, la speranza umana a chi è tentato dalla disperazione.
Per contro, la vecchiaia nevrotica nella donna porta con sé la maschera dell'orrore. L'aggressività rivendicarice è simbolizzata dalle vecchie tiranniche, mal amate e che amano male. La presenza di creature teratologiche siffatte, istintualmente avide, terrorizzate di rimanere senza mediazione possibile a un'angoscia mai superata e timorose che i più minuscoli e irrisori possedimenti narcisistici vengano violati, rappresenta un pericolo reale per la discendenza, simbolizzante per loro a causa della loro regressione simbiotica, il male, l'altro fallico che esse odiano per continuare a sentirsi potenti. Occorre notare anche che i vecchi non raggiungono mai un potere di perversione di forza pari a quello di queste vecchie inacidite.
Al quadro estremo di una vecchiaia nevrotica, rivendicatrice, frustrata e terrorizzante, di tipo involutivo e paranoico, si oppone, infine, il quadro estremo della vecchiaia regredita, in cui uno stato di bisogno paterno-materno viene passivamente espresso sotto forma di fobia generalizzata per ogni forma di vita, ogni movimento e ogni emozione, come se vivere non potesse che affrettare l'arrivo del termine della vita. Drammatizzare lamentando e profetizzando catastrofi, che coinvolgono sia loro stessi che tutta la famiglia, mettersi in competizione con tutto quello che interessa i discendenti, al fine di diventare con tutti i mezzi la loro preoccupazione maggiore, fuggire un assediante angoscia di morte: questa è l'essenza della loro vita inconscia.
Questo tipo depressivo di vecchia è ancora più dannoso per la sua discendenza del tipo precedente.

L'orgasmo femminile
I diversi tipi di orgasmo femminile, scrive Dolto (1994), si possono distinguere in:
Orgasmo clitorideo
Orgasmo vaginale
Orgasmo utero-annessiale
Questi orgasmi possono essere trovati separatamente oppure a catena, quando uno crea le condizioni per il verificarsi dell'altro, ma può capitare che non siano distinguibili l'uno dall'altro nel piacere della donna.
A ciascuno dei livelli progressivi del piacere, il processo può essere (come per i livelli di evoluzione della libido) interrotto, rimosso, negato, sostituito da un sintomo.
La durata necessaria al verificarsi dell'orgasmo è molto variabile, anche per la stessa donna, così come variabili sono intensità e qualità del medesimo. Anche il tempo di riposo tra i coiti, perché siano soddisfacenti, è variabile.

L'eccitazione clitoridea
E' fatto riconosciuto che l'eccitazione clitoridea serva a stimolare le secrezioni vulvo-vaginali e l'attesa della richiesta da parte della donna del piacere derivante dall'inserimento del pene nella vagina. Tali secrezioni facilitano l'adattamento nella penetrazione e la rendono piacevole per entrambi i partner. L'eccitazione clitoridea tuttavia non può essere tollerata a lungo da sola e il suo orgasmo, se sopravviene prima che siano innescate le altre forme di godimento, è ingannevole, discordante, ambiguo, in contraddizione con il piacere vulvare che ha tuttavia innescato. Di conseguenza l'orgasmo clitorideo da solo non allevia la tensione sessuale.

L'eccitazione vaginale
L'eccitazione vaginale comporta sensazioni di piacere derivanti dalla tumescenza delle mucose vulvo-vaginali e dai movimenti orbicolari ritmati ad andamento ondulatorio, dall'esterno verso l'interno del corpo della donna. Tali sensazioni esigono imperiosamente, a partire da una certa intensità, la penetrazione del pene, la cui rappresentazione s'impone come unico oggetto adeguato desiderato. L'adesione ondulatoria della vagina al pene richiede un minimo di tonicità dei muscoli perineale. Essa dà piacere ai due partner e questo piacere è aumentato dai movimenti maschili di va e vieni che accompagnano i movimenti peristaltici e la pressione parietale della vagina a opera dei muscoli perineali.
I movimenti della vagina nel piacere sono percepiti dalla donna ma non sono completamente dominabili. Essi sono in parte riflessi, in risposta al piacere. Durante la fase di godimento vaginale e a partire dall'inserimento si produce, se la donna non è frigida, una modificazione del tono muscolare generale, con un rilassamento dei muscoli dell'apparato locomotore e un parallelo abbassamento del livello di autoosservazione e di autocontrollo. Sembra, sempre secondo Dolto, che a partire dal momento in cui si entra in possesso del pene, la nozione inconscia o preconscia del fallo dell'altro venga superata e che con essa sparisca ogni riferimento esterno al corpo. Il ritmo, l'intensità, la qualità degli scambi ricettivo-motori del coito sembrano legati tanto all'intesa formale e posturale dei partner quanto alla loro intesa emotiva.
La mancata intesa a livello vaginale del coito può derivare da una incompatibilità dimensionale degli organi sessuali o da contraddizioni nel ritmo fra i due partner o anche da disaccordi di altro genere, ma essa deve essere legata anche a una discordanza delle rappresentazioni mentali e affettive che di per sé nega al rapporto sessuale il suo valore positivo.
In caso di intesa e di accordo ritmico tra i partner, i movimenti orbicolari ondulatori della vagina si propagano in modo inconsapevole all'insieme delle pareti della vagina, che aderiscono al pene e stimolano una turgescenza secretiva del collo uterino. A sua volta quest'ultimo, se raggiunto dai colpi o dal contatto del pene, provoca, al punto massimo di eccitazione vaginale, spasmi della vagina il cui effetto sull'apparato sessuale maschile è l'eiaculazione dello sperma all'apice orgastico del godimento femminile. La donna, fino a quel momento attiva e consapevole del proprio piacere, non può più essere ora che passiva, interamente sopraffatta da sensazioni ricettive, soprattutto dopo il coinvolgimento erogeno del collo uterino la cui partecipazione provoca un orgasmo autenticamente soddisfacente. La risoluzione della tensione prodotta da quest'orgasmo non è però altrettanto durevole quanto quella prodotta quando all'orgasmo vaginale è associato l'orgasmo utero-annessiale.
In certe donne che raggiungono l'orgasmo molto rapidamente, l'insufficiente risoluzione della tensione sessuale mediante il solo orgasmo vaginale può determinare uno spasmo vaginale orbicolare di qualche minuto o, più raramente, uno spasmo, talvolta doloroso, dell'ano. Sono i segni di un residuo di tensione pulsionale dovuta al mancato coinvolgimento del corpo uterino nei movimenti caratteristici dell'orgasmo femminile.
L'entrata in scena, nel coito, dell'utero e del legamento largo è generalmente determinata dall'eccitazione tattile del pene sulla parete posteriore della vagina e sul collo dell'utero o dall'inondazione spermatica di quest'ultimo.

L'orgasmo utero-annessiale
L'orgasmo utero-annessiale, secondo Dolto, è caratterizzato da movimenti del corpo uterino, che oscilla avanti e indietro con una certa articolazione ritmata del collo sul corpo uterino; movimenti che sono del tutto riflessi. Solo molto raramente la donna è consapevole del loro essere chiamati in gioco. Il suo partner ne è l'unico testimone. Immediatamente dopo la fine di questa rivoluzione liberatoria organo-psichica, la donna ritrova la coscienza per un attimo perduta.
Essa ricorda di essere stata, nel suo godimento all'ultimo punto di impatto vaginale, trasportata dal suo dilagare come da una risacca, e prova per tutto questo un'intensa sensazione di benessere e di riconoscenza verso il partner.
L'orgasmo utero-annessiale è sempre pienamente soddisfacente per la donna, sia dal punto di vista emotivo che da quello fisico. Non è mai seguito da dolori spastici, né da vaginismo reattivo attivo o passivo. Il suo effetto di rinnovamento energetico si fa sentire in tutti gli aspetti della sfera psicosomatica e di quella affettiva. L'esperienza di orgasmo completo, vaginali e utero-annessiale, nel corso del coito, porta alla donna un triplice frutto: la liberazione da ogni tensione, una beatitudine nirvanica e la convinzione sempre rinnovata di una felicità mai provata prima. La donna prova un moto di tenerezza riconoscente per il partner, la cui persona nella sua interezza, unica testimone della sua esistenza durante l'interruzione di tempo e coscienza nell'orgasmo, giustifica forse in quel momento la sua "ferita", senza di lui ingiustificabile. La persona del suo amante è associata a questo sentimento e a un senso di rinnovamento.
A tutto questo si aggiungono risonanze emotive di una qualità tutta particolare quando il coito ha anche solo la minima probabilità di essere stato fertile, soprattutto se ciascuno dei partner è socialmente pronto a farsi carico di questa possibilità. Tutto questo è certamente specifico dell'orgasmo genitale femminile. Il punto in cui si manifesta la potenza fallica impersonale, nata dall'abbandono del narcisismo, segna l'apice nella curva del confronto, in ciascuna delle persone della coppia, delle pulsioni di vita con i loro ritmi (vegetativi, circolatorio e respiratorio) e delle pulsioni di morte, nell'abbandono silenzioso, totale e profondo della "coscienza". Il soddisfacimento del desiderio dell'orgasmo completo esige dalla donna una partecipazione totale nel rapporto affettivo e sessuale con il partner, cosa che crea qualche problema per le componenti falliche del suo narcisismo, a causa della libertà (conferitale proprio dal narcisismo stesso) di essere disponibile alla ricezione e all'accordo con l'uomo nella realtà.
Quali che siano i fantasmi della donna nei confronti del partner e per quanto affettivamente positiva essa sia verso l'uomo amato, il suo narcisismo ignora il dono della donna all'uomo. Senza la presenza effettiva nel reale del corpo dell'uomo, del suo abbraccio nel rapporto fisico, dalle fasi di gioco fino al completamento del coito, il narcisismo della donna non può che riempire di sogni uno scacco prevedibile.
La soddisfazione provata durante l'orgasmo si colora di vari elementi diversi. Si possono in effetti distinguere fra i vari effetti provati nel godimento orgastico, una sensazione di pienezza sensoriale etica ed estetica, di sazietà nel senso di una libido orale pacificata, di eliminazione di ogni tensione muscolare nel senso di una libido anale ristoratrice, di riconoscenza verso l'altro, verso il suo corpo, il proprio corpo e verso il mondo, di un annullamento totale dell'angoscia di vita o di morte, una restitutio ad integrum di tutta la persona, una rimessa in ordine del narcisismo.

I disturbi del desiderio sessuale femminile:

Il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo o frigidità
Il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo o frigidità è l'insensibilità genitale della donna nel coito. Essa non esclude la possibilità di rapporti sessuali, ma è caratterizzata dall'assenza di desiderio del coito e da assenza di secrezioni vulvo-vaginali, di piacere sessuale e di orgasmo. Un sintomo di maggiore gravità nella descrizione clinica è l'intenso disgusto della donna per i rapporti sessuali, disgusto spesso compensato da orgasmi notturni, legati o no all'evocazione di un partner assente o immaginario.
Si è pensato a lungo che il rifiuto del coito fosse legato in passato alla pratica di imporre il matrimonio, in uso in diversi strati sociali, o fosse collegato a proibizioni religiose. Oggi tuttavia in una cultura più liberale e meno rigida a livello morale, Jan Shifren in uno studio del 2008 basato su 31.000 donne, ha indagato la vita sessuale di un campione di donne americane dai 18 anni in su: il 39 per cento di loro ha riferito di soffrire di un basso livello di desiderio sessuale, ma solo il 12 per cento ha ammesso di essere veramente preoccupata per questo.
La Società Italiana di Andrologia Medica e Medicina della Sessualità (Siams), presieduta dall'andrologo Carlo Foresta dichiara poi di aver trattato in questi ultimi anni un numero sempre crescente di casi di giovani fra i 20 e 25 anni che lamentavano un calo drammatico del desiderio, senza però avere evidenti problemi di salute. Dal dialogo con i pazienti è venuto fuori che la maggior parte di loro aveva fatto uso eccessivo e costante, fin dalla prima adolescenza, di pornografia online, passando molte ore ogni giorno davanti a video hot o in chat. I ragazzi iniziano molto presto a vedere scene pornografiche su Internet, verso i 15-16 anni, proprio nel momento in cui avviene la maturazione sessuale a livello cerebrale. Nelle menti così giovani questa sovraesposizioni a immagini hard, quindi, interrompe il processo che integra la sessualità con l'affettività. Si va incontro così ad una vera e proprio assuefazione, che porta al totale disinteresse verso una sana sessualità nella vita reale, fino a che si diventa degli anoressici sessuali.
Anche secondo le osservazioni cliniche della psicoanalista Dolto (1994) circa la metà delle donne nelle nostre società avanzate è totalmente o parzialmente frigida. Quasi tutte le donne, inoltre, conoscono periodi transitori di frigidità relativa o totale con il partner. La frigidità, secondo l'autrice, può essere tollerata benissimo da donne che preferiscono a un vero amore sessuale, il trofeo narcisistico di essere amanti o mogli di uomini socialmente invidiati. Si tratta in genere di donne omosessuali passive, a livello inconscio o cosciente, cui l'investimento narcisistico del proprio sesso impone una masturbazione clitoridea, collegata a fantasmi masochistici e umilianti. Donne di questo genere possono recare gran danno alle figlie, soprattutto se queste ultime sono cresciute in casa, perché saranno vessate e forzate all'infantilismo della madre, lei stessa infantile.
Esiste poi, sempre secondo la Dolto, una categoria di donne isteriche, la cui frigidità più o meno totale è collegata a una rivendicazione passionale tanto più appariscente quanto più finta. Esse fanno soffrire, ma non soffrono e gli psicoanalisti raramente le vedono di persona, ne vedono soprattutto i figli.
C'è un altro tipo di donna frigida, quella che a poco a poco scivola nella categoria delle depresse croniche, narcisisticamente compiaciute del fatto di essere creature che si sacrificano, virtuose e insoddisfatte, madri catastrofiche per le figlie e responsabili della propagazione a catena della frigidità di madre in figlia.
E infine c'è il folto drappello delle frigide o semifrigide psicosomatiche, per cui il corpo è diventato un sostituto del pene, luogo di continue cure erotizzate e socializzate, attive e passive. Sono le madri meno corrosive per le figlie, occupatissime come sono a giocare alla bambola o al dottore con se stesse e a infelicitare oltre a tutto i medici. Ma, da vere e proprie bambine abbandonate, possono attaccarsi alla figlia come a una madre o a un'infermiera e obbligarla con il ricatto, a rinunciare alla sua vita sessuale per consacrarsi a lei o alle faccende domestiche. Casi di frigidità di questo tipo, che si potrebbe definire "da possessività materna", si manifestano nella madre talvolta in seguito al matrimonio della figlia. La madre riprende una evoluzione edipica immaginaria sulla giovane coppia e il compagno legale le serve da sostituto edipico. Il figlio che nascerà nel quadro di questo scenario, il nipotino o la nipotina, corre il rischio di essere investito feticisticamente e non geneticamente, da nonne di questo tipo.

La frigidità primaria
La frigidità è primaria quando si manifesta già dall'inizio della vita sessuale; è una forma rara, in cui la donna non ha mai avuto alcun cenno di desiderio, eccitazione né, tantomeno, ha raggiunto l'orgasmo. Probabilmente, la frigidità primaria è favorita da oscillazioni ormonali notevoli, alterazioni a livello dei cromosomi, violenze sessuali passate, disturbi relazionali e da una mancata educazione sessuale. Generalmente, la frigidità primaria e totale è riflesso di uno sviluppo incompleto; non a caso le donne affette da frigidità totale registrano un mancato sviluppo degli attributi sessuali secondari, la cui comparsa dovrebbe coincidere con la sviluppo puberale.
Per la psicoanalista Dolto, le frigidità primarie non sono riconosciute o sono ignorate e sono ben tollerate dalle donne e dal partner maschile che trova in esse utili secondari, narcisisti o rassicuranti.

La frigidità secondaria
Si parla di frigidità secondaria quando questa si manifesta progressivamente, in seguito a un periodo di soddisfacimento sessuale, parziale o totale. Può essere influenzata dal partner e/o dall'ambiente o essere indotta da farmaci, traumi fisici e debolezze psicologiche.
A questa categoria, secondo Dolto, appartengono le frigidità che compaiono nel corso della gravidanza, dopo il parto o in presenza di turbe endocrine o ginecologiche. In questo caso la donna tende ad attribuire la causa del suo disturbo alle proibizioni morali, alla propria educazione e alla somiglianza, o discordanza, dei suoi principi con quelli dei genitori o del marito. Le donne che soffrono di questo tipo di frigidità accettano il persistere della situazione sia in nome dell'inutilità del trattamento (e dunque del dolore superfluo che apporterebbe), sia per passività caratteriale, per paura delle complicazioni che irromperebbero nella loro vita con la realizzazione dei fantasmi adulterini: unica soluzione pratica presa in considerazione sia come mezzo di guarigione sia come scopo probabile di un trattamento psicologico. Soluzione ai loro occhi molto più pericolosa della virtù. Sembra infatti che effettivamente la frigidità, pur rendendo fastidiosi certi obblighi, sia per molte donne un guardiano di virtù. Dolto (1994) riporta che una di loro, un'isterica, le diceva: "visto il modo in cui mi piace quel che mi piace, se mi piacesse fare l'amore non la si finirebbe mai! No, no, no, sono molto più tranquilla così".
Dunque, invece di ricorrere alla psicoterapia, dopo aver consultato un collega di medicina generale e dopo qualche tentativo deludente di infedeltà al marito o al partner ufficiale, le donne frigide si rassegnano alla loro sorte per tutta la vita o almeno per la maggior parte della vita adulta. Le ripetute maternità, gli impegni sociali e lavorativi servono come sfogo alle loro tensioni. Solo piccole, discrete manifestazioni somatiche, compatibili con una salute generale soddisfacente, segnano il corso della loro vita sessuale anestetizzata. Altre trovano soddisfazioni erotiche solitarie in masturbazioni con fantasmi di stupro o in occupazioni ossessive, camuffate da sublimazione: sono divorate dalla cucina, dal bucato, dalle faccende domestiche quando non dagli acquisti, soprattutto nelle grandi città. Le soddisfazioni che provengono da relazioni interpersonali, intrafamiliari o no, occupano una libido più o meno coscientemente omosessuale o pedofila. Sempre secondo Dolto, non si parlerà mai abbastanza del pericolo rappresentato da madri o donne perverse passive. L'ambiente le ignora, ma loro non ignorano le proprie sensazioni genitali nel corso di relazioni passionali omosessuali o di attività pedagogica pedofila, che si svolge senza spiegazioni verbali. Il bambino le percepisce e ne è turbato. Le donne che non trovano sbocco né all'ardore passionale del corpo né alla vita sentimentale, al bisogno di prendere, di dare e di dedicarsi agli altri, producono autentiche rimozioni, con reazioni a catena che investono l'esistenza loro e quella di chi con loro vive. Sono la base della clientela di medici, chirurghi e ministri di culto. I loro transfert affettivi sono virulenti, generalmente instabili e ambivalenti. Sono donne preoccupate unicamente di rivalità meschine, di ruminazioni erotiche il cui tema è soprattutto una gelosia misera, un sospetto morboso nei riguardi dei figli (della cui educazione non si occupano affatto o si occupano male), della casa, dei subalterni, degli amici, dei genitori. Tutti quanti, chi più chi meno, soffrono dei loro malumori e delle loro lamentele rivendicatrici. L'autrice conclude dicendo che per lo psicoanalista, la frigidità è spesso un sintomo accessorio di numerose nevrosi di donne in cura per altri sintomi, e anche il sintomo che scatena le difficoltà edipiche nei genitori.

Schema di psicoterapia ad orientamento analitico per un caso di frigidità femminile
In questo schema riporto i punti principali che Dolto propone di raccogliere e approfondire durante una psicoterapia ad orientamento analitico, con una paziente che presenta un disturbo da desiderio sessuale ipoattivo.
Periodo pregenitale
Ricordi personali riguardo a:
• svezzamento
• educazione al controllo degli sfinteri
• soppressione brutale della masturbazione
• ricordi di sensi di colpa di origine masturbatorio o sessuale interpersonale con bambini o con adulti
• rifiuto di acquisire nell'infanzia sublimazione passive, falliche somato-narcisistiche, operative, cinetiche e scolari (attività culturali e sportive, cucina, economia domestica, danza, musica, espressività, etc...)
• mantenimento del senso estetico personale appropriato all'età o sua interdizione
• responsabilità domestiche femminili: la madre, i genitori, le domestiche che la condizionano, mostrandole come lavorare in casa o al contrario proibendole di farlo.

Ricordi legati al rapporto con gruppi e ambienti extra familiari riguardanti:
• traumi narcisisti subìti per mano di bambine, bambini, professori, uomini e donne
• colpevolizzazione dell'aggressività castrante

Altri ricordi riguardanti:
• colpevolizzazione della gelosia
• colpevolizzazione della dissimulazione
• colpevolizzazione di furti di oggetti di valorizzazione femminile

Ricordi riguardanti la curiosità

Ricordi delle osservazioni sul carattere della madre, nel periodo pregenitale: madre ansiosa, essa stessa frigidità o gelosa dell'interesse sessuale della figlia verso il pene o del suo attaccamento al padre.

Ricordi di sensi di inferiorità sessuale: se non sono stati soppressi né dal padre né dalla madre a causa di un loro atteggiamento di seduzione e di violenza, è necessario permetterne la compensazione attraverso il lavoro e l'etica altrimenti aumenta la probabilità del manifestarsi di disturbi isterici.

Ricordi del suo aspetto mascolino, tenendo presente che si tratta di una compensazione necessaria per una figlia trascurata dal padre, soprattutto se si crede lasciata da parte per il fatto di essere una femmina e non un maschio.

Periodo edipico concluso da una strutturazione reale dell'Edipo
Manifestazioni di:
• discredito della madre
• discredito del padre
• discredito di fratelli e sorelle

Verifica:
• del persistere, nelle relazioni con i genitori dell'uno o dell'altro coniuge, della fissazione edipica al terzo termine, a un legame fittizio, per esempio con il letto coniugale dei genitori della moglie, concretato nella dipendenza finanziaria dal padre di lei: legame che rappresenta necessariamente la persona parentale fallica
• della carenza di libertà personale, convivenza con la madre di lei, il che non permette il rifiuto dell'attrazione genitale, dunque non ne permette la libera accettazione

Distorsione della situazione edipica per distorsione delle sue componenti:
• fissazione su una sorella o una zia, invece che sulla madre
• fissazione su uno zio materno o acquisito, o su un estraneo che non fa coppia con la madre invece che sul padre
• fissazione su un fratello o una sorella più giovani, con ruolo pseudo-paterno o pseudo-materno in età edipica
• ferite o gratificazioni narcisistiche collegate a tali fissazioni

Carenza materna, per decesso o separazione (a che età?)
Carenza paterna, per decesso o separazione(a che età?)
Morte o malattia grave di fratelli/sorelle maggiori

Quali sono stati i comportamenti sociali e affettivi implicitamente ed esplicitamente valorizzati dalla madre dal padre?

Quali immagini valide di eterosessualità i genitori o i fratelli maggiori (dello stesso sesso o di sesso opposto) hanno valorizzato oppure offerto come valori esemplari?

Quali sono state le attività passive e attive dell'area genitale dopo l'infanzia? Presenza di desideri localizzati, masturbazioni, etc...

Età della coscienza riflessiva riguardo alle leggi del concepimento.

Età della coscienza riflessiva riguardo al funzionamento sessuale mestruale e alla maternità.

Età della coscienza riflessiva relativa al coito, all'apparato sessuale maschile, all'erettilità funzionale.

Educazione e convinzioni religiose implicite o attualmente vissute dalla paziente

Ricordi di percezioni e sentimenti riguardanti le prime fissazioni amorose. Deflorazione e sue conseguenze fisiologiche, affettive e sociali.

Attuale autoconsapevolezza della paziente: esplorare se il suo desiderio di entrare in terapia non si situi in un contesto perverso orale (prendere) o anale (trionfare su), a compensazione di una sua ulteriore alienazione relativa al sesso, in modo da tenersi in piedi senza donarsi, o se si tratta di un desiderio autentico di guarigione che accetta i rischi di perdere le attuali fissazioni agli utili secondari della nevrosi, di cui talvolta fanno parte matrimonio o convivenza.

In un percorso psicoterapico ad orientamento analitico l'atteggiamento implicito o esplicito del terapeuta deve essere guidato dalla dialettica del dono, unico scopo ricercato dal punto di vista etico, in antitesi alla ricerca di controllo e di potere per sé che caratterizzano le modalità di resistenza di tipo libidico orale, anale e fallico.

Conclusioni
Le pulsioni di due partner, se hanno raggiunto il livello genitale, conducono i loro rapporti sessuali e amorosi alla reciproca conoscenza. Ma l'assenza di intesa fisica non significa necessariamente, almeno per la donna, un'assenza di intesa creativa. Esistono per lei modalità molto variabili di relazione di coppia che soddisfano e usano le sue possibilità libidiche, senza rimozione, solo con segni reattivi transitori. Si tratta di turbe psicosomatiche in reazione all'assenza di godimento orgastico, la quale non è sempre indicazione di nevrosi né sempre è seguita da nevrosi. La plasticità delle donne è infatti enorme. Secondo Dolto tale caratteristica è dovuta al fatto che la rimozione della donna è minore che nell'uomo. Nella bambina l'Edipo si struttura meno precocemente, il che permette alle pulsioni in esso coinvolte di rimanere fluttuanti più a lungo che nel bambino.
Di conseguenza, il desiderio sessuale femminile a differenza di quello maschile non è fondamentalmente concentrato sulle zone erogene genitali. La donna infatti non proietta il suo desiderio autentico genitale sul pene, né sulla sua erettilità (tanto indispensabile al narcisismo maschile) e neppure sulle sensazioni di piacere sessuale locale. E' l'intera persona dell'uomo a essere investita e attesa dal desiderio femminile.
Le donne pertanto sono molto più tolleranti degli uomini alla frustrazione orgastica, ma molto più intolleranti di loro alla frustrazione amorosa.
Quando la donna, quindi, ha trovato, o crede di aver trovato l'amore di un uomo, essa ama tutta la sua persona in quanto rappresentante fallica e può più facilmente esprimere e simbolizzare tutte le sue pulsioni genitali attraverso l'amore per lui, vivendo rapporti sessuali ad un tempo soddisfacenti e orgastici.

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